L’idea che i data center possano lasciare la Terra per trasferirsi nello spazio, si fa sempre più strada, come dimostrano i tanti progetti in essere. Negli Stati Uniti sta prendendo forma un’idea che lega in modo diretto l’espansione dell’AI alla disponibilità di energia, uno dei nodi più critici dell’era digitale. A guidarlo è Aetherflux, azienda specializzata in solare spaziale, che ha presentato il programma “Galactic Brain”, una rete di data center in orbita pensata per sostenere la crescita esponenziale della potenza di calcolo richiesta dai modelli di intelligenza artificiale.
Il punto di partenza è una constatazione sempre più condivisa nel settore tecnologico: l’AI consuma enormi quantità di elettricità e i data center terrestri faticano a reggere il passo, sia per i costi energetici sia per i problemi di raffreddamento. Portare queste infrastrutture nello spazio consentirebbe, almeno in teoria, di aggirare alcuni limiti fisici, sfruttando il vuoto orbitale come dissipatore naturale di calore e una fonte di energia continua come il Sole.
https://www.hdblog.it/tecnologia/articoli/n642028/data-center-spazio-aetherflux-galactic-brain/
@Checcoseg
Eh infatti, che diamine! Volevo scriverlo io, ma poi mi sembrava rischioso avere un tono perentorio con Andrea Ferrero in giro per il thread.@De_Treias @Checcoseg @snow @aitech
Secondo questo articolo https://substack.com/inbox/post/181563626 citato da @notiziole il raffreddamento ad aria rischia di non essere più sufficiente neanche a terra…
@game
È per questo che i datacenter minacciano di consumare (troppe) risorse idriche. Dico bene?@De_Treias @Checcoseg @snow @aitech @notiziole normalmente i rack di un data center sono tenuti in una sala fredda e immagino che l’acqua sia utilizzata come parte dell’impianto di raffreddamento dell’aria. In questo articolo dice che per un rack pieno di GPU non è sufficiente raffreddare ad aria, devono inventare un modo per portare l’acqua a contatto con il processore (se questa cosa poi consumi più o meno acqua, non saprei)
L’idea che i data center possano lasciare la Terra per trasferirsi nello spazio, si fa sempre più strada @aitech@feddit.it
Per scelta loro, proprio.
Con @andrea_ferrero non molti giorni fa si parlava della dispersione di calore nello spazio.
Servirebbe una superficie imponente per raffreddare un data center in orbita… ma per imbrogliare gli investitori è un’idea che va benissimo (intanto dubito che abbiano qualche conoscenza di fisica astronautica).
@GustavinoBevilacqua @snow @aitech eh sì, servono circa 3 metri quadri al kW
@andrea_ferrero @GustavinoBevilacqua @snow @aitech Finalmente qualcuno che ne parla! Grazie! 🏆
@quantumquia@poliversity.it @GustavinoBevilacqua@mastodon.cisti.org @andrea_ferrero@sociale.network @aitech@feddit.it @snow@snowfan.it
Un mese e mezzo fa ne parlava @futuroprossimo@mastodon.uno, concludendo “A novembre sapremo da che parte si va”. Ora è dicembre, chissà se di quell’esperimento si conosce l’esito oppure no…
https://mastodon.uno/@futuroprossimo/115452875363140826D’altro canto, due settimane fa anche @informapirata@mastodon.uno diffondeva un articolo piuttosto scettico sull’argomento:
https://mastodon.uno/@informapirata/115634485019403535Insomma qui sul fediverso non ho ancora visto nessun intervento a favore di questa idea.
@Cincia @informapirata @GustavinoBevilacqua @andrea_ferrero @aitech @quantumquia @snow
Nada: siamo ancora fermi al loro comunicato del 22 ottobre.
https://www.crusoe.ai/resources/newsroom/crusoe-to-become-first-cloud-operator-in-space-through-partnership-with-starcloudPerò, posso fare una domanda ingenua?
L’energia si conserva, giusto?
Quindi, se con una certa metratura di pannelli solari io catturo una certa quantità di fotoni ad alta frequenza convertendone l’energia in elettricità; prima o poi dovrò dissipare quella stessa energia sotto forma di fotoni a frequenza più bassa.Al primo sguardo non mi sembra che ci sia molta differenza sulla base di quel che ne faccio, alimentarci una stazione spaziale o un grappolo di processori più o meno mi sembra lo stesso. In ogni caso alla fine avrò tanto calore da dissipare quanta era l’energia catturata, ovverosia pannelli solari e dissipatori di calore dovranno crescere approssimativamente con le stesse proporzioni, no?
Certo se servono dimensioni di 100 volte l’attuale stazione spaziale internazionale questo è presumibilmente un problema, ma perché ho la sensazione che venga sottolineato più il calore che i pannelli fotovoltaici? Non dovrebbero crescere con le stesse proporzioni? La dissipazione scala intrinsecamente in maniera peggiore?Mi devo esser persa un passaggio.
@futuroprossimo@mastodon.uno @informapirata@mastodon.uno @GustavinoBevilacqua@mastodon.cisti.org @andrea_ferrero@sociale.network @aitech@feddit.it @quantumquia@poliversity.it @snow@snowfan.it@Cincia @informapirata @GustavinoBevilacqua @futuroprossimo @aitech @quantumquia @snow No, parlavamo di calore perché il discorso era partito da lì, ma i pannelli solari scalano nello stesso modo. In un altro post dicevo appunto che nello spazio le potenze sono irrisorie rispetto a quelle cui siamo abituati sulla terra, tutta la stazione spaziale ha la potenza di una Tesla entry level. Potenze dell’ordine del MW o più mi sembrano ingestibili da tutti i punti di vista.
Grazie mille @andrea_ferrero@sociale.network per la precisazione!
Concordo, suona piuttosto complicato costruire nello spazio un centro di calcolo di dimensioni appena modeste. E capisco che il tuo “da tutti i punti di vista”, sottolinea giustamente l’inconsistenza degli argomenti che sostengono che in orbita il problema del raffreddamento non esiste. C’è, come quello dell’energia.
Comunque anche la presenza di “energia abbondante” mi sembra poco convincente. Quanto pesa un pannello fotovoltaico? Quanta energia serve per portarlo in orbita? Quanta energia catturerà una volta in orbita? Insomma, dopo quanto tempo l’aver messo un pannello in orbita mi ripaga dell’energia spesa per portarcelo? Prima di pensare di trasferire una infrastruttura energivora dalla terra allo spazio, credo che questo conto andrebbe fatto, ma non lo vedo negli annunci dei sostenitori di questi trasferimenti.
@informapirata@mastodon.uno @GustavinoBevilacqua@mastodon.cisti.org @futuroprossimo@mastodon.uno @aitech@feddit.it @quantumquia@poliversity.it @snow@snowfan.it
@Cincia @informapirata @GustavinoBevilacqua @futuroprossimo @andrea_ferrero @aitech @snow
Ottima osservazione!
Aggiungerei che la cosa che importa è il flusso di energia, nel senso che un sistema che fa lavoro o computazione deve essere tra due bagni termici a temperature diverse, uno da cui assorbe energia, un altro che usa per raffreddarsi. Altrimenti si avrebbe quello che chiamano un perpetuum mobile del secondo tipo.
Non sono un esperto, ma da quello che leggo, mi pare che nello spazio sia difficile ricreare questa situazione sulla scala di tempi che un data center richiederebbe. Tenderebbe a diventare presto una scatola tutta in equilibrio termico.
Credo che il problema stia anche (e forse, soprattutto) nelle scale di tempi dei vari processi termici.











